Lavoro – Smart working – Legge 22.5.2017 n. 81, su G.U. n. 135, del 13.6.2017.
A distanza di oltre un mese dalla sua approvazione è stata pubblicata la legge che introduce nell’ordinamento giuslavoristico italiano lo smart working (o lavoro agile) inteso quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro; la prestazione lavorativa viene eseguita in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Il lavoro agile, previsto nell’ambito della legge che rafforza le tutele per lavoratori autonomi e professionisti, è volto, da un lato, a favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e, dall’altro lato, a consentire ai datori di lavoro una maggiore flessibilità rispetto al telelavoro che, come è noto, si svolge invece presso una postazione fissa posta al di fuori dell’azienda. In realtà la disciplina finale dello smart working non sembra mantenere le promesse in quanto non mancano vincoli, appesantimenti procedurali e rigidità, prima tra tutte la parità di trattamento retributivo e normativo del lavoratore agile rispetto al lavoratore che svolge le medesime mansioni esclusivamente presso l’azienda. Appare inoltre contraddittoria la definizione del lavoro agile come prestazione resa senza precisi vincoli di orario, che fa quindi presumere l’assoluta libertà del lavoratore di organizzarsi come meglio crede, con l’imposizione del rispetto dei limiti di orario giornaliero e settimanale.
Questi gli altri aspetti dello smart working:
il lavoro agile deve risultare da accordo scritto tra azienda e lavoratore nel quale siano in particolare precisate le forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro, gli strumenti utilizzati dal lavoratore e le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro; l’accordo deve inoltre disciplinare l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro e i comportamenti del lavoratore all’esterno dei locali aziendali che potrebbero dare luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari; come appare evidente si tratta di tutti elementi complessi da individuare e di non agevole declinazione pratica;
l’accordo può essere a termine o a tempo indeterminato; in quest’ultimo caso il recesso di ciascuna delle parti può avvenire con un preavviso non inferiore a 30 giorni;
il datore di lavoro deve garantire la sicurezza del lavoratore e a tal fine deve consegnare a lui e al rappresentante aziendale per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta sui rischi connessi al particolare svolgimento della prestazione lavorativa; anche in questo caso viene previsto un ingiustificato onere burocratico a carico delle aziende che oltre tutto sembrerebbe accollare alle stesse una responsabilità non solo per le attrezzature tecnologiche fornite al lavoratore, ma anche per i fattori di rischio presenti nei luoghi in cui il lavoratore abbia liberamente scelto di svolgere la prestazione;
il lavoratore ha diritto all’assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro ivi compresi quelli occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali; secondo tale formulazione il rischio coperto dall’INAIL sembrerebbe esteso a qualsiasi infortunio in itinere accaduto al lavoratore verso il luogo liberamente scelto per lavorare, con conseguente aggravio del contributo assicurativo a carico del datore di lavoro.